Il juke-box, primo supporto che permette un accesso random ad una musica e non più sequenziale come era il caso dei fonografi, nasce come evoluzione del fonografo pubblico.
Era il 22 novembre 1889 quando al Palais Royal di san Francisco appare il primo fonografo a monetine noto come "nickel-in-a-slot-player" inventato da Louis Glass e William S. Arnold: la musica poteva essere ascoltata attraverso quattro tubi (delle cuffie acustiche), e l'apparecchio non poteva riprodurre che un pezzo musicale della durata massima di un paio di minuti. Era stato realizzato con un Edison Class M Electric
Phonograph e implementato da un meccanismo brevettato con il nome di Coin
Actuated Attachment for Phonograph.
For a nickel a shot, a thrilled group tunes in on a screechy jukebox of the 1890s.
Bettmann/Corbis
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Bisogna aspettare il 1910 perchè il cilindro su cui è incisa
la canzone venga sostituito con un disco, e il 1918 perchè Hobart C. Niblack
brevettasse il meccanismo che permetteva di cambiare il disco. Nel 1927 nasceva
così il primo juke-box prodotto dalla AMI. Negli anni 1930 compaiono i primi
apparecchi dotati di Selectophone,
un meccanismo in grado di scegliere tra dieci dischi quello da riprodurre
grazie a delle piattaforme montate su di un'asta: la puntina poteva così salire
o scendere tra i vari livelli.
Il termine juke-box entra in uso negli anni Quaranta in America: deriverebbe dal termine Gullah (inglese creolo parlato sulle coste del Nord Carolina, Florida e Georgia) "juke" o "joog" che corrisponde a "rumoroso", "caotico", "turbolento".
Il juke-box presente nell'immaginario comune corrisponde al modello 1015 della Wurlitzer, uscito nel 1946. Nonostante potesse riprodurre solo 24 dischi su un'unica facciata, la sua forma arrotondata, le decorazioni in plastica illuminata (dette anche bubble tubes) e la campagna pubblicitaria condotta dalla ditta fecero sì che questo modello riscuotesse un enorme successo: ne vennero prodotti quasi 60 000 esemplari.
Il termine juke-box entra in uso negli anni Quaranta in America: deriverebbe dal termine Gullah (inglese creolo parlato sulle coste del Nord Carolina, Florida e Georgia) "juke" o "joog" che corrisponde a "rumoroso", "caotico", "turbolento".
Il juke-box presente nell'immaginario comune corrisponde al modello 1015 della Wurlitzer, uscito nel 1946. Nonostante potesse riprodurre solo 24 dischi su un'unica facciata, la sua forma arrotondata, le decorazioni in plastica illuminata (dette anche bubble tubes) e la campagna pubblicitaria condotta dalla ditta fecero sì che questo modello riscuotesse un enorme successo: ne vennero prodotti quasi 60 000 esemplari.
Negli anni '50 dai 78 si passa ai 45 giri, mentre il suono diventa stereo negli anni '60. Quattro marche si dividono il mercato americano: Wurlitzer, Seeburg, Rock-Ola, AMI.
Il juke-box era ormai diventato indispensabile nei bar e nei locali: basti pensare a Fonzie che in Happy Days, telefilm americano degli anni Settanta ambientato negli anni Cinquanta, accende il juke-box del bar Da Al con un pugno o schioccando le dita.
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